mercoledì 28 dicembre 2016

Società di calcio e famiglie.

La mia attività di istruttore ultimamente ha subito una sterzata. Ho impresso questa manovra a malincuore, ho lasciato una società in cui, con alti e bassi, mi ero trovato bene ed ero riuscito a svolgere l'attività di istruttore secondo i principi in cui credo: prima la persona poi il calciatore. Mi ero reso conto che il contesto non mi avrebbe piu permesso di proseguire secondo questi principi. Sono stati 3 anni molto soddisfacenti sotto il profilo umano prima e tecnico dopo. La società che ho frequentato ultimamente è una realtà in crescita, come tante a Milano, nell'ultimo anno addirittura al di là delle aspettative. Purtroppo ciò produce delle controindicazioni. Se la crescita strutturale non va di pari passo con una maturazione organizzativa, tecnica e programmatica allora qualche ingranaggio ne può risentire. Ma non sto qui a scrivere per esprimere giudizi che non voglio dare, So quanto ho dato in termini di energia, entusiasmo, didattica, di idee e metodo, questo mi appaga e mi fa mettere dietro le spalle quest'esperienza con soddisfazione.
Quest'esperienza ha rafforzato in me diverse convinzioni: Le società di calcio dilettatistiche oggi rivestono un'importanza nel percorso formativo dei ragazzi e delle ragazze che, oggi, sottovalutano anche  gli operatori. In un quadro sempre più definito ed organizzato, la proposta formativa extrascolastica se organizzata e strutturata deve prendere coscienza di ciò che la didattica e la pedagogia indica come percorso sano e fruttifero per un ragazzo.
Una Società di calcio quindi ha il dovere prima di preparare un terreno fertile dove poter far crescere le piantine. In cosa consista questa fertilità, ne sono sempre piu convinto. Essa è rappresentata da un'insieme di regole condivise, comuni e valide per tutti, un rapporto costantemente aperto e fluido con le famiglie con cui queste regole si possano condividere. La difficoltà di comunicazione che oggi mette in crisi le istituzioni della scuola dell'obbligo si fonda su una profonda crisi di metodo condiviso. Spesso le famiglie mettono in discussione i metodi ed i sistemi educativi e formativi della scuola perchè non ne conoscono i contenuti, i percorsi, perche la scuola non parla loro. Questo pesa sul rapporto fiduciario tra allievo e formatore. Questo accade anche nelle società di calcio e in tutte quelle istituzioni formative e didattiche extrascolastiche che "non parlano". Spesso un'istruttore di calcio si ferma ad un'analisi morfologica, atletica, valuta le capacità condizionali, tattiche individuali e tecniche, le abilità. Valuta lo stante, lo soppesa, lo contestualizza e ne traccia un'idea complessiva. Non va oltre, ne conosce poco il carattere, le caratteristiche socio-relazionali, le istanze psicologiche, l'intelligenza emotiva, lo sviluppo emotivo e soprattutto , la sua storia intesa come anamnesi sportiva.
Giusto per spiegarmi meglio, 3 anni fa dovetti valutare un ragazzino le cui capacità, per fare questo sport, erano davvero risicate, prima di prendere la decisione definitiva (delegata in pieno dal mio direttore sportivo), volli fare una chiacchierata con i genitori prima e poi con lui. Cambiai idea, oggi svolge serenamente e con profitto la sua attività contribuendo ai successi della sua squadretta, l'obiettivo era conseguito.  Di questi casi in tutti gli anni che ho dedicato a questa attività me ne sono capitati tanti e mai è stato tempo perso. Tuttavia sono anche convinto che il contatto tra istruttore e genitore, nelle società di calcio deve essere ridotto all'indispensabile, praticamete nullo. Allora chi deve gestire questo filo comunicativo? Ogni società ha i suoi dirigenti, i direttori tecnici, sportivi, sono loro che devono assumersi questa responsabilità. Sono loro che hanno in mano il futuro dei ragazzi e le sorti della base di questo movimento sportivo che in Italia ha ancora grandissime potenzialità nella maggior parte dei casi, inespresse.

A proposito del referendum del 4 Dicembre 2016

E' una riflessione scritta qualche giorno prima del referedum.
Diversi amici mi hanno chiesto di esprimermi sul referendum del 4 dicembre.
Mi sono fatto un'idea e cercherò di non sottoporre il mio ragionamento ad un orientamento politico specifico ma guidarlo da principi di opportunità collettiva. E' un referendum che pone questioni molto complesse e già questo mi mette agitazione in quanto rompe con le tradizioni occidentali democratiche che ricordano referendum quasi sempre “monotematici” e quindi di facile decodificazione. Per citarne alcuni della nostra storia: L'aborto, il divorzio, il nucleare, la responsabilità civile dei magistrati, sono stati temi che hanno dato spinte forti in avanti in direzione di modernità e civiltà al nostro paese. Questo referendum invece in se porta una novità. Chiama me , te , il mio idraulico, il mio medico di base, mia mamma e tutti voi a decidere cosa? Sostanzialmente una ristrutturazione dell'architettura dello stato che coinvolge piu o meno il 25% della nostra costituzione. Quella costituzione che fino a ieri nessuno era disposto a negoziare, ma vabbè. Mi pongo quindi una domanda, siamo noi in grado di rispondere con cognizione di causa, buon senso, analisi critica a domande di questa complessità? Non era meglio separare i 4 capitoloni e porre 4 domande separate? I 4 capitoloni li chiamo cosi perche pesano tanto, ognuno ha un peso specifico sulle nostre vite davvero importante. Il primo, superamento del bicameralismo perfetto sicuramente va in direzione da me condivisibile perchè restituisce ai cittadini un processo legislativo piu moderno, piu svelto, piu lontano dalle urgenze e streghe che il secondo dopoguerra ci ha lasciato. Quindi quoto. Storco il naso davanti all'immunità di una frotta di sindaci e amministratori locali a seguito della loro nomina a senatori della Repubblica. Io la toglierei a tutti e la manterrei solo per reati d'opinione. 
Poi c'e' il ruolo del CNEL, una delle istituzioni piu inutili del dopoguerra. Ma su questa cosa io un ragionamento lo farei. Cancelliamo dalla nostra carta costituzionale l'organo deputato alla programmazione economica, funzione di fatto mai svolta, ma fatto sta che ad oggi la nostra costituzione oggi dice che la programmazione economica nostra spetta ad un organo dello Stato Italiano, con la riforma nessuno sa chi formalmente svolgerà questa funzione, in Italia. Questa cosa mi agita. 
Ci sono poi i rapporti tra stato ed enti locali: lo stato di fatto si riprende tutto quello che in termini di facoltà negli ultimi 20 anni si era demandato alle regioni perche ormai anche i comunisti avevano capito che in fondo Bossi sul federalismo non aveva tutti i torti. Ora di colpo, non si sa perchè si torna indietro, anzi, si arriva ad un modello che esautora le regioni delle funzioni piu importanti e attribuisce allo stato centrale un carico che sarà importante. Cioè tutto quello che aveva dettato l'agenda dei governi in tema di distribuzione delle funzioni tra stato ed enti locali di colpo, via.
Se poi esaminiamo uno per uno tutti gli interventi sul Titolo V va a finire che scrivo un'enciclopedia. Allora mi pongo una domanda, anzi una serie di domande. La prima, ma chi cavolo è venuto in mente di porci tutte queste domande cosi importanti tutte insieme e soprattutto, perchè?
E' eticamente e politicamente corretto? E come se facessero un referedum sulla manovra finanziaria...una pazzia.
I partigiani pro domo propria su questi temi ci stanno dando davvero prova di abilità dialettiche straordinarie, arrivano anche rinforzi dall'estero (brividello), io mi limito a dire “cu si vaddò si sabbò”, che in siciliano significa che la prudenza ci ha messo in salvo. Quando avranno la buona creanza di porci un quesito alla volta e senza la minaccia dello SPREAD, facendoci capire punto per punto costi e benefici di una ristrutturazione importante della nostra carta costituzionale allora prenderò in considerazione la faccenda, nel frattempo io voto NO.

domenica 7 settembre 2014

Dopo un anno torno a parlare di calcio, forza Scarioni.

Le cose cambiano. Tutto si trasforma, prende pieghe inaspettate e ciò che davi per scontato non lo era. Ci ho messo un po' per tornare a parlare di calcio, a volte le idee, le emozioni ingolfano la tua comunicazione, ti occupi solo di ciò che va fatto. Sono stati due anni calcisticamente molto particolari per me, il primo estremamente difficile di cui ancora non riesco a spiegarmi molte delle cose accadute ed il secondo liberatorio, limpido, gioioso, così come il calcio lo sognano i bambini e i loro istruttori.
Chi fa l'istruttore di calcio sa che le società dilettantistiche, sebbene vivano quasi completamente di volontariato, sviluppano a volte una mole di lavoro, responsabilità ed a volte tensioni ed incomprensioni che rendono poi il lavoro degli istruttori estremamente difficile e faticoso.
Spesso ciò accade perchè molti di coloro che in queste società da grandi appassionati ,passano a fare dirigenti, direttori tecnici e direttori sportivi, senza in realtà aver maturato nessun percorso che li metta in grado di assumere delle specialità che li rendano idonei a quegli incarichi.
In Italia, oggi, spesso si parla della necessità di rendere obbligatorio un percorso formativo serio per chi ha intenzione di diventare allenatore di settore giovanile di calcio , ed in questo senso la Figc è stata reattiva rendendo obbligatorio il brevetto Coni-Figc per chi volesse cimentarsi nel ruolo di Istruttore. Questo ha generato, negli ultimi anni, un innalzamento della qualità della proposta formativa didattica che le società dilettantistiche riescono a proporre oggi alle famiglie.
Ormai, soprattutto nelle grandi aree metropolitane, è difficile trovare società con il “personaggio” che invece di trascorrere un paio di ore al bar tiene a bada dieci bambini lasciandoli correre indisturbati dietro un pallone.
Tecnicamente siamo avanti, abbiamo sviluppato un sistema di scambio di conoscenze , anche per merito delle grandi società professionistiche che, negli ultimi anni, hanno capito una cosa strategicamente esiziale per lo sviluppo qualitativo della base di questo sport: nessun buon lavoro può essere fatto sui giovani atleti se prima non formi buoni istruttori.
Attraverso il sistema delle affiliazioni, centri tecnici e centri di formazione si è sviluppato un sistema di formazione , e lo dico per esperienza personale che in questi termini mi ha dato tantissimo, che ha badato a far crescere l'istruttore che poi andrà ad operare sui giovani calciatori.
Questo sistema è cresciuto spontaneamente, senza nessuna pianificazione nazionale, dando comunque dei risultati notevolissimi e oggi siamo molto più vicini ai modelli europei rispetto a dieci anni fa.
Tuttavia come tutto ciò che spontaneamente cresce , si lascia dietro degli errori in matrice.
Si è tralasciato un piccolo particolare: l'istruttore sebbene formato e seguito, lavora in un contesto, è inserito gerarchicamente in un sistema di controllo e gestione che di calcio giovanile non ne ha le competenze che l'istruttore ha nel frattempo acquisito. Abbiamo oggi una dirigenza mediamente molto più indietro rispetto alla media di preparazione degli istruttori.
Ne consegue che le problematiche affrontate dagli istruttori spesso non vengono nemmeno capite da chi poi deve controllare, seguire, avallare e supervisionare il loro lavoro.
Oggi quindi c'è grande necessità di uniformare e rendere omogeneo questo tessuto che poi forma la struttura portante della base del calcio, se è vero che non esistono grandi espressioni sportive che alla base non abbiano grandi movimenti qualificati ed organizzati, pur mantenendo spirito e vocazioni dilettantistiche.
Oggi si dibatte sulla necessità di rivoluzionare il calcio professionistico.
Il calcio va ristrutturato sì, ma anche dalla base la quale non può più tollerare la presenza nel calcio dilettantistico di personaggi che frequentano le sedi societarie solo perchè le mogli non li sopportano in casa. Se si chiede, giustamente, competenza agli istruttori, la si deve chiedere anche ai direttori tecnici e sportivi.
In buona sostanza un concentrato di problematiche assimilabili a queste mi hanno portato l'anno scorso ad incrociare sulla mia strada il cammino di una società di glorioso passato di Milano: la SS Scarioni.
Avevo anche preso in considerazione l'idea di smettere di allenare , quando a fine luglio del 2013, la Scarioni rispose ad una mia mail.
Quasi tramortita la mia passione per il calcio dilettantistico dall'esperienza dell'anno precedente, che all'appuntamento con i dirigenti della Scarioni andai con mestizia, fatalismo ed un po' di rassegnazione.
Lì accadde il miracolo, lì accadde ciò che il calcolo combinatorio ritiene fatto normalissimo. Se esistono società dove gli istruttori fanno di tutto per fare bene ma sono assistiti e diretti da personaggi inadeguati, da qualche altra parte, sicuramente, ci sarà una società dove i dirigenti hanno tutt'altri requisiti.
Così mi sono ritrovato a chiacchierare con Luca e Fabio con cui per un'ora abbiamo fatto a gara a chi faceva vedere all'altro quanto amava questo sport, le cose fatte bene, la passione, la disciplina allo studio , il metodo. Ero stordito. Mi ripetevo che non era possibile, ma il calcolo combinatorio mi assisteva.
Ho iniziato un anno calcistico che poi si sarebbe palesato come meraviglioso. Ero riuscito a trasmettere ai miei bambini ciò che mi preme di più: l'amore per ciò che si fa, la passione per lo sport, familiarizzare con gli errori, renderli complici ed amici persino di una sana crescita sportiva.
Sono entrato in un gruppo fatto di gente che è lì perchè ama quello che fa e lo vuole fare bene.
Ho definitivamente maturato la certezza che i progetti vincenti hanno alla base la volontà , sicuramente le competenze e il sacrificio , ma anche le abilità.
Oggi Scarioni è un progetto vincente, si avvia ad essere una realtà importante nel panorama del calcio dilettantistico milanese.
Sotto la guida di Fabio Tringali alla direzione generale, Mirco Gariboldi alla direzione sportiva e Luca Facchinetti alla direzione tecnica del settore preagonistico, Scarioni diventa polo sportivo serio, qualificato e realtà importante che può contribuire in pari grado con le più blasonate ad innalzare il livello formativo del calcio giovanile milanese.
Sono orgoglioso di farne parte, spero di continuare a farne parte. Quest'anno mi hanno chiesto di coadiuvare Luca in qualità di referente dell'Area Pulcini, nell'attività didattica e formativa degli istruttori. Ciò mi riempie di gioia e responsabilità.
Finalmente non vedo l'ora che una nuova stagione calcistica ricominci...
Buon divertimento a tutti.  



venerdì 26 aprile 2013

Padri e figli

Il mio calcio da ragazzo e' sempre stato leggero, goliardico, spensierato, quasi fiabesco, il primo campo in erba l'ho calpestato da giovanotto come quasi tutti quelli della mia generazione in Sicilia. In cima ai miei interessi , lo confesso, c'e' sempre stata la musica, tuttavia per nulla al mondo avrei rinunciato ad un allenamento o ad una partita. Da ragazzi si vuol fare tutto, forse noi volevamo fare tutto, forse ci sentivamo in grado di fare tutto. Non abbiamo mai fatto un allenamento con un pallone a testa e a fine partitella c'era un premio, chi vinceva aveva diritto a prendere in giro il vinto fino alla partitella successiva. Il calcio è cambiato molto, a tutti i livelli, è cambiato l'ambiente, sono cambiati i modi e tutto quello che sta intorno. I miei genitori non mi hanno mai visto giocare. Noi genitori oggi forse siamo troppo presenti. I miei genitori non hanno mai saputo le regole dello spogliatoio, le ciabattate sul sedere che ci davamo sotto la doccia, gli spintoni, gli sfotto', tutte quelle cose che facevano senso di appartenenza, branco, animaletti stanchi ma felici. Gruppo, come si dice oggi. I soprannomi, oddio che meraviglia se ripenso ai soprannomi, rido ancora. Oggi il mio tempo libero e' pieno della mia attività di istruttore di calcio e della passione di Federico, il calcio appunto.
Dal primo momento che lui è entrato su un campo di calcio , io , l'ho invidiato subito. Non solo perchè i suoi piedi erano in maniera evidente migliori dei miei, ma perchè mi tornavano in mente le tonnellate di polvere respirate da ragazzino su campi che a volte erano asfalto puro e omologati pure...vabbe'!
Ieri ho accompagnato Federico ad un suo torneo, la mia memoria si e' definitivamente rassegnata. Ho visto uno spirito di gruppo che mi ha ricordato appunto le mie esperienze da ragazzo. Quella leggerezza, quella spensieratezza, quella goliardia che , vi assicuro, in società che come missione hanno la Qualità del loro lavoro, gli alti livelli di formazione, non è affatto semplice da trovare. L'Accademia Pavese è stata capace di assemblare e forgiare un gruppo che sebbene sia messo costantemente alla prova da gare molto impegnative, riesce a mantenere intatto lo spirito ed il carburante del calcio a questa età: Il Divertimento. Il merito va agli addetti ai lavori, ma lasciatemi dire che si tratta di un gruppo straordinario. 

venerdì 12 aprile 2013

PICCOLA ANTEPRIMA DEL MIO LIBRO SUL SUONO E LA REGISTRAZIONE


LA REGISTRAZIONE COME CATTURA DEL GESTO
Fino al 1877 , anno in cui Edison presentò il suo fonografo, la registrazione sonora e quindi la riproduzione di una musica era affidata a concetti ed idee plasmati nella letteratura ,esempio eloquente è il racconto che ne fa Cirano de Bergerac in “ Histoire comique des Etats e de la lune “, di una scatola dalla quale è possibile ascoltare musiche e racconti.
In realtà prima dell’esperienza di Edison non esisteva alcun congegno capace di registrare , trattenere e riprodurre successivamente musica. Tuttavia prima di effettuare una descrizione del fonografo di Edison occorre precisare che esistevano dei dispositivi di riproduzione musicale che rappresentavano un po’ i prototipi di un supporto di riproduzione, ma persistevano dei limiti, a questi dispositivi mancava la capacità di cattura del gesto del musicista, specificatamente parlo dei carillons e del pianoforte pneumatico. Questi meccanismi erano appunto progettati e realizzati per produrre un suono attraverso un meccanismo congegnato apposta. Credo che tutti abbiamo avuto a che fare con un carillon e ne abbiamo capito il funzionamento , mentre un pianoforte pneumatico ( che ho avuto la fortuna di avere in casa lungo tutta la mia infanzia e giovinezza ) è un pianoforte normalissimo, spesso verticale ,sul quale veniva montato un sistema a pedali azionati dall’esecutore stesso, questi pedali davano “fiato” ad un sistema a rullo su cui venivano impressi dei fori che corrispondevano all’esatto momento in cui il tasto doveva suonare. I grandi costruttori installarono questo meccanismo nella maggior parte dei pianoforti di allora vedendo una grande opportunità commerciale nella vendita e nella diffusione dei rulli che , una volta caricati sul meccanismo, consentivano attraverso una sana pedalata di ascoltare i successi dell’epoca, si univa l’utile al dilettevole : l’esercizio fisico alla cura dello spirito .
Ma torniamo al fonografo di Edison .
Questo dispositivo rappresentò la svolta in quanto non riproduceva solamente musica ma in effetti catturava il suono.
Strutturalmente era composto in una maniera abbastanza semplice : era costituito da un rullo di lunghezza e diametro di 10 cm circa montato su una struttura ed attraverso una manovella lo si faceva ruotare sul proprio asse . Questo rullo di ottone era ricoperto da un foglio di stagnola che veniva facilmente inciso da una puntina che veniva fatta vibrare da una membrana che a sua volta era sollecitata dalla pressione acustica . Il solco inciso nella stagnola permetteva la riproduzione di quanto precedentemente catturato .
Per la riproduzione, si usava trasferire quanto inciso sui rulli di stagnola su dei supporti che in un primo tempo erano fatti di cartone rivestito di cera, successivamente in celluloide. Erano molto delicati e fragili ed il solco ,con le sue variazioni di profondità ,facendo vibrare la testina che trasmetteva tale vibrazione alla membrana, restituiva il suono registrato.
Per la prima volta si veniva a creare un mercato dei supporti. Su questi rulli sono state incise le performances dei più grandi artisti , da Caruso a Beniamino Gigli .
Tuttavia la vera svolta arrivò nel 1887 con il grammofono di Berliner
In questo dispositivo il sistema a rullo viene sostituito dal sistema a disco. Il principio di funzionamento era analogo, l’efficacia della macchina veniva migliorata attraverso l’utilizzo di una tromba d’ottone che facilitava la cattura e la riproduzione del suono, tuttavia gli elementi vincenti che determinarono i successi di questa macchina sul fonografo di Edison furono: la capacità di mantenere una velocità costante attraverso un sistema a molla e quindi una maggior gradevolezza d’ascolto ed una maggior facilità di fabbricazione e costruzione dei supporti da commercializzare; infatti già nel 1888 Berliner mise a punto un sistema di duplicazione attraverso bagno galvanoplastica partendo da un’impronta negativa chiamata matrice.
Già nel 1896 Berliner mise in commercio sia il supporto ( disco) che il grammofono , il quale era un dispositivo costituito da un piatto rotante comandato da un sistema a molla su cui veniva posto il disco ed attraverso la testina che viaggiava all’interno del solco del disco la vibrazione passava nel cono di ottone che ne trasmetteva la musica.

Finalmente anche ad Opera il calcio femminile

Un dato che molti in Italia sconoscono parla del calcio come lo sport più diffuso in età scolare tra le ragazze negli Stati Uniti. L'Asd Città di Opera compie un gesto che va al di là della semplice organizzazione di un'attività, si propone come centro di promozione e diffusione di una cultura sportiva che in realtà rappresenta il futuro del calcio. La penso così, mi auguro che i genitori di bambine superino quel tabù che vede questo sport appannaggio solo del sesso maschile. 


venerdì 29 marzo 2013

Riflessioni sul comunicato n 54 della Figc Regione Lombardia

Vorrei che certi aspetti dell'attività delle società che fanno attività di base nel calcio, non restassero solo per addetti ai lavori, ma venissero informati anche i genitori sulle metodologie di formazione sportiva dei loro figli. Ci sono tante società oggi in Italia che sono all'avanguardia in questo, ce ne sono altre che hanno bisogno di un piccolo incoraggiamento. L'Italia oggi e' il paese in Europa dove i ragazzi abbandonano l'attività sportiva in età puberale piu che in ogni altro paese. La Fiigc ha iniziato un grande lavoro, incoraggiamolo ed informiamo tutti coloro ruotano intorno alla formazione sportiva.

lunedì 11 marzo 2013

LA MALA - pensieri di un musicista smarrito

Dieci giorni fa alla Sacrestia di Milano, noto locale della movida milanese, abbiamo replicato "LA MALA". Io ed i miei amici, Annalisa, Pietro ed Ombretta. C'era anche Fabio che ha il merito di averci ispirato ed aver ispirato. Un giorno io, lui ed Annalisa ci incontrammo e da lì partì questo progetto, Dobby ci guardava stranito. Dobby e' un bellissimo cirneco innamorato di Annalisa, anzi dei suoi jeans. Non sapevo dove tutto questo ci avrebbe condotto, ero partito con la chitarra in mano e mi sono ritrovato a recitare. Fabio sghignazza divertito ed intuisce per primo che può trasformarsi in una bellissima esperienza per tutti. Ci incoraggia, ci stimola, ci da coraggio. Il talento di Annalisa tira fuori un testo meravigliosamente tragicomico, io ancora non mi rendo conto, barcollo come un pugile suonato. Sono preoccupato di dover fare una cosa che non ho mai fatto: recitare. Mi aggrappo alla corda, non cado. Il pugile tiene. La mia memoria ritorna a quando da ragazzo trascorrevamo con gli amici le sere d'estate a fare gli scemi, a raccontare storie, barzellette. Giocavamo a chi raccontava la bugia più grande, più goffa, più improbabile, ci inventavamo un divertimento impareggiabile e passavamo le notti roventi dell'agosto siciliano. Oggi ho 45 anni e tanta strada fatta ma grazie a Dio non cresco mai, il mio fanciullo e' sempre stato preponderante in me. Ora gli urlo ma non sente, lo chiamo ma fa finta di nulla, e' offeso?  forse ultimamente l'ho trascurato un pò...riprovo, mi accenna un sorriso...gli dico che forse ho bisogno di lui... lui non ha bisogno di me, lui è lì, annoiato da qualche anno e paziente aspetta. Aspetta il suo momento, ma forse è questo il suo momento, forse. Iniziano le prove, lui arriva e come chi non e' più abituato al ritmo, come chi e' ossidato dalla noia deborda, slitta, scarta ed...esagera. Io avverto un brivido pazzesco, sento che il mio fanciullo mi vuole ancora bene, e' disposto a perdonare la mia inerzia. Ombretta capisce la mia difficoltà di "gestione" e sapientemente mi guida. Pietro, tanta musicalità, mi guarda come fossi un alieno a volte, alla fine il mio fanciullo coinvolge anche il suo. Anche Santina fa amicizia con Franz (chitarra e contrabbasso). L'aplomb franco-bresciano di Pietro e' perfetto per compensare il mio fanciullo appena uscito di prigione. Annalisa si fa delle gran risate e sa che poi alla fine tutto funzionerà. Arriviamo allo spettacolo, ci divertiamo, il pubblico si diverte. punto. Annalisa e Fabio avete il merito di aver dato una scrollata al mio annoiatissimo fanciullo, era li, sonnecchiante. Ora è sulla rampa di lancio, vi sono debitore. Mentre agli altri, se vi capita, se siete in zona, dico, venite a vederci, ne vale la pena...
Dino

lunedì 19 aprile 2010

Dino Morabito: Il mio blog

Questo è un blog per tutti quegli amici che mi conoscono in veste di musicista, produttore e chitarrista, ma magari ci capita qualcuno che mi conosce come istruttore di calcio dei bambini.
Scriverò di tutto, ma in special modo di musica. Spero sia una buona occasione per ospitare amici e colleghi con cui amo scambiare idee.
Dino Morabito